Viaggio nel tempo. Lo studio del paesaggio antico nel territorio comunale di Musile di Piave.

Passare qualche ora ad osservare con attenzione una foto satellitare o una carta geografica, per me è un modo per studiare il paesaggio nella sua evoluzione storica. Per quanto riguarda la cartografia ho appurato nel tempo che, ad esempio, in un territorio rurale come può essere quello di Musile di Piave, gli edifici sparsi, che potrebbero sembrare isolati e insignificanti, in realtà sono posizionati in vecchie suddivisioni dei campi o paleoalvei ormai scomparsi. Molte di queste vecchie case sono entrate a far parte di più recenti centuriazioni e hanno cambiato il loro nome in base al periodo, come ad esempio quello fascista che ricorda la fertilità della terra. Importanti sono anche i nomi delle vie, delle località, dei paesi, dei canali, ecc. Un esempio lampante sono le vie delle città, che distingono i quartieri a seconda dell’età della loro costruzione. Un quartiere può ricordare tutti i nomi delle regioni, un altro quello della prima guerra mondiale e un altro ancora i poeti e così via. In un territorio rurale come quello di Musile di Piave invece molte volte si fa riferimento alla vita contadina, alla bonifica, alle vecchie paludi o a ad antiche strade. Tra queste, ad esempio, a Musile troviamo la Via Emilia che ricorda il tracciato dell’antica Via Annia oppure la Via Millpertiche che fa riferimento ad una vecchia unità di misura dei campi, ossia la pertica ecc. Anche i nomi delle località non sono a caso. Musile prende il nome da dei dossi naturali sopraelevati alle paludi. Questo nome un tempo veniva spesso utilizzato nella cartografia con i Musili. Croce prende il nome da un crocevia di strade, anche se la leggenda racconta del ritrovamento di una croce cristiana. La località di Lazzaretto deriva da un luogo dove venivano confinate le persone con malattie contagiose. Ponte Catena si riferisce appunto ad una catena che veniva tirata da un lato all’altro del canale Fossetta per impedire il passaggio delle barche che dovevano pagare il dazio in epoca veneziana. Paludello ricorda le paludi che comprivano l’area a ridosso della località, ecc., ecc. Per quanto riguarda invece l’analisi delle foto satellittari è un qualcosa che va ben oltre la cartografia. In questo caso devo osservare attentamente l’immagine, individuarne i segni sul terreno e cercarne il siginificato nei libri di storia, dai quali non sempre si trovano tutte le spiegazioni. In questa pubblicazione pertanto voglio pubblicare quanto studiato fino ad ora e tutti i segni nascosti che ho potuto individuare nel tempo.

Le antiche vie di Musile di Piave

Il territorio di Musile di Piave ha conservato molto bene i segni del passato, in quanto buona parte di esso è stato recentemente bonificato e pertanto nelle foto da satellite si evidenziano con un’ottima visuale le antiche vie fluviali e in particolare la Via Annia. Il tracciato di questa strada romana è stato studiato accuratamente e se ne parla in diverse bibliografie, molte delle quali lette. Di queste cito in particolare quella dello studioso Giuseppe Pavanello, del quale trovo solitamente citate le fonti, senza tralasciarne altri di nota fama.

La Via Annia, costruita in onore al pretore romano Tito Annio Rufo o al console Tito Annio Lusco, solitamente viene datata al 131 a.C. C’è chi però la fa nascere nel 153 a.C. Era una strada molto importante per l’epoca romana, grossomodo come le nostre autostrade, e collegava Adria ad Acquileia. Con molta semplicità Francesco Montagner, citando il Pavanello, nel libro “Una ricerca storica: Musile di Piave”, ci racconta che la strada

“entrava nell’Agro Altinate ad Oriago (Aureliacus), proseguiva per Marghera, Osellino, Tessera, Noghera; attraversava il Dese, giungeva a Cà Corner fra Portegrandi e Trepalade dove passava il Sile. Oltre il Sile correva per le paludi di Cà Tron attraversava il Fosso delle Canne, il Vallio Vecchio, le campagne di Marteggia, il Vallio Nuovo, per S. Liberale di Meolo; oltre la Fossetta attraverso le Bedesine, le Cassinelle costeggiava lo scolo Gorgazzo, proseguiva verso l’antica Rotta e l’argine S. Marco dove si smarrivano nuovamene le sue tracce e dove usciva dall’Agro”.

Le rotte del fiume Piave purtroppo hanno contribuito moltissimo a modellare il territorio, tanto, in molti casi, da far perdere le tracce di questo antico tracciato e i vari insediamenti sia romani che preromani. Senza nulla togliere all’azione naturale dell’innalzamento del livello del mare, alla subsistenza e ad altre opere dell’essere umano che si sono susseguite nel tempo.

Detto questo, sviluppo qui di seguito un confronto di immagini satellitari che ci mermettono di visionare con semplicità l’antico percorso della Via Annia utilizzando due colori, il rosso e il verde. Incomincio pertanto con l’analizzare la foto qui in basso, dove in verde ho voluto evidenziare il segmento visibile del tracciato originale della strada che, dall’attuale Via Emilia (ex Via Annia) proseguiva oltre Via Millepertiche, e con la linea rossa invece evidenzio la variante, tutt’oggi visibile.

Nel libro “Guida ai luoghi e ai temi di Giuseppe Pavanello a cura di Mario Davanzo e Ugo Perissinotto” è interessante leggere la descrizione in merito a questa variante:

“Nei pressi della base militare di Cà Tron la Via Annia abbandona il suo andamento più prossimo alla linea di costa per compiere nel tratto di Marteggia un arretramento verso terraferma, e ritornare successivamente, a Ponte Catena, in una posizione più prossima al margine lagunare con un andamento rettilineo. Nel compiere questa sorta di by-pass, costituito da tre segmenti stradali a tratti sinuosi, la via Annia abbandona una traccia stradale rettilinea che appare così come una deviazione o una variante di un percorso più razionalmente lineare del quale è possibile documentare chiaramente il traccciato che presenta qualche soluzione di continuità. Il tracciato rettilineo potrebbe essere il percorso più antico, cioè quello originale del 153 a.C., sostituito più tardi dal percorso arcuato, posto più a ovest, il cui andamento circoscrive un’ampia sacca lagunare e delimita un’area che sarà soggetta alla penetrazione lagunare tra la tarda età romana e l’Alto Medioevo”.

Nelle foto in basso evidenzio in rosso la variante alla via Annia che inizia nella località Ponte Catena di Musile, per poi proseguire per le località di Marteggia e Cà Tron di Meolo.

Particolare di come si presenta oggi la variante della Via Annia.

Nel territorio di Musile di Piave, a sud di Millepertiche ho individuato un’altra linea retta che attraversa la campagna. In un primo momento ho pensato ad un antichissimo percorso della Via Annia, in quanto in alcune pubblicazioni viene appunto rappresentata più a sud dell’attuale tracciato. Questa nuova linea, a differenza della vera Via Annia, che si distingue nel territorio a segmenti distaccati, ma rettilinei, inizia precisamente da quello che rimane del Fosso Tichera o Tinchera (Crosera del Lanzon) e termina sulla Piave Vecchia. Osservandola attentamente ho notato un’altra differenza che la distingue dalla via Annia. Mentre l’Annia si presenta agli occhi come una linea bianca continua, questa nuova via è di colore scuro, fiancheggiata ai lati da due linee bianche. Il tutto fa pensare ad un canale navigabile. Ebbene, leggendo sempre il libro tratto dal Pavanello (sopra citato) ho scoperto che questa nuova via fluviale ha preso il nome di Fossa antica. In altro luogo, invece, viene identificata come Plumbisium. Il canale, collegato anche alla via Annia in prossimità delle Bellesine con una bretella stradale, permetteva di far confluire dal mare le merci ed era navigabile con le imbarcazioni. Nelle foto qui in basso è possibile vederla evidenziata in rosso.

Il territorio di Musile di Piave non era solamente caratterizzato da strade e canali, ma bensì da una vera e propria centuriazione romana, che faceva capo all’antica città di Altino, e dove un pezzo dell’attuale canale Fossetta ne era il confine. Di fatti durante lo scavo, nel 1483 da parte dei veneziani, in località Ponte Catena il canale, ampliato nella sua forma e rimodellato, veniva collegato ad un antico fossato chiamato Fossa Vecchia, avente in un passato più lontano la funzione di limites, il quale separava le centuriazioni di oriente da quelle di occidente. Di queste antiche divisioni agricole rimangono molte tracce nel territorio comunane di Meolo, ma in quello di Musile, a causa dell’impaludimento della zona, buona parte di esse sono scomparse.

Altri segni nel terreno non identificati

Proseguendo con la mia ricerca ho voluto catturare alcune immagini relative ad altri segni sul terreno, dei quali non ho trovato alcuna spiegazione storica, ma che ritengo doveroso segnalare.

1, Da alcune foto satellitari del 1988, dove le riprese sono in bianco e nero, ho notato un importante incrocio di paleoalvei, in prossimità dell’attuale distributore Tap Carburanti lungo la Variante alla SS14, nei quali si distinguono due grosse macchie bianche quadrangolari prossime alle rive dei canali.

2. Da una foto satellitare de 2003 ho notato due segni scuri paralleli, quasi perpendicolari al canale Fossetta, uno dei quali la attraversa, a nord-est di Via Millepertiche. Entrambi sono paralleli all’inizio di quest’ultima strada. L’immagine non è molto nitida, ma da Google Earth si vede molto bene.

3. Dall’incrocio di Via Emilia con Via Bellesine ho notato, in alcune immagini satellitari, solitamente con coltivazioni estive e non arature invernali, due linee scure parallele che si dirigono verso il canale Fossetta a sud di Cà Malipiero. Nel sito internet http://www.pcn.minambiente.it/viewer/ nell’anno 2000 sono visibili molto bene.

4. Come nelle immagini di sopra anche a nord-est delle Case Carrer lungo la SS14 ho notato qualcosa di simile. Sono due linee parallele scure che da Case Carrer si dirigono verso Via Casera a nord della casa Danieli.

Per avere un quadro completo delle immagini descritte sopra voglio rappresentare nella foto in basso quello che era il paesaggio di Musile in epoca antica, distinguendo in rosso la Via Annia, in arancione, in bordeaux e in marroncino i segni di probabili strade delle quali non ho trovato alcun documentazione storica, e in azzurro i canali navigabili e i ghebi. La localizazzione di questi paleoalvei l’ho fatta basandomi sulle foto satellitari. Per la pubblicazione ho utilizzato le immagini satellitari di Google Earth, mentre per la ricerca cronologica ho utilizzato anche http://www.pcn.minambiente.it/viewer/

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